La ninfa e il guerriero

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La ninfa e il guerriero

Tra i personaggi leggendari della storia e della tradizione di Messina ce ne sono due poco conosciuti, dimenticati forse tra le pieghe del tempo: Feremone e Peloria.

Pheraimon, tradotto appunto come Feremone, compare in alcune serie monetali della città di Messana tra la fine del V e tutto il IV secolo a.C. Sul diritto di queste emissioni viene raffigurata una testa femminile, mentre sul rovescio, in alternativa ad altri elementi associati alla città, ecco il guerriero Pheraimon, che avanza con indosso un elmo crestato, un grosso scudo al braccio sinistro, una lancia tenuta con la mano destra. La sua raffigurazione è associata all’iscrizione del suo nome (ΦΕΡΑΙΜΩΝ, da cui è stato riconosciuto) oppure a quella di ΜΕΣΣΑΝΙ(ΩΝ) o ΜΑΜΕΡΤΙΝΩΝ, il genitivo plurale che indica come la moneta sia dei Messani o dei Mamertini, battuta cioè nel nome del popolo di Messina.

Anche i Mamertini, infatti, genti guerriere che conquistarono Messana nel III sec. a.C., vollero riprodurre la stessa figura nelle loro monete, stavolta non più con il nome di “Pheraimon” o “Messanion”, ma con quello di “Mamertinon”. Stessa immagine, quindi, ma con nomi diversi, segno di come la tradizione di questo eroe si sia perpetrata attraverso i secoli da un popolo a un altro.

Secondo le ricostruzioni, Pheraimon era quindi un leggendario combattente dell’Età degli Eroi, che Messani e Mamertini vollero raffigurare su diverse emissioni delle proprie monete, come uno dei simboli più caratteristici della propria città e della propria appartenenza. Anche se oggi non abbiamo idea dell’origine e delle gesta di questo personaggio, esso doveva essere quindi molto celebrato nella Messina di 2500 anni fa, quella città che non era più la Zankle sicula e greca delle origini, ma che amava ricordare nella propria simbologia questo antico eroe, alla ricerca di un’identità pregreca che si stava ormai perdendo.

Tra tutti i testi classici, Pheraimon appare solo in Diodoro Siculo V, 7-9:

 […] I figli di Eolo furono sei di numero: Astioco, Xuto, Androcle, ancora Feremone (Pheraimon), Giocasto e Agatirno, tutti si acquistarono grande rinomanza grazie alla fama del padre e al loro valore. Di essi Giocasto rivoltosi verso l’Italia regnò sulla zona costiera fino alla zona di Reggio. Feremone e Androcle dominarono la Sicilia dallo stretto fino alla regione di Lilibeo. Di questa i territori rivolti verso Oriente lì abitavano i Siculi, quelli verso occidente i Sicani. Questi due popoli erano molto in contrasto fa di loro, ma volentieri ubbidirono ai figli di Eolo per la fama di virtù del padre e per la loro moderazione. Xuto regnò sul territorio intorno a Lentini che da lui fino ad oggi viene chiamato Xuthia. Agatirno regnò sulla regione che anche ora è chiamata Agatirnide e fondò la città da lui chiamata Agatirno. Astioco ebbe la signoria di Lipari. Essi tutti imitando la virtù e la giustizia del padre ebbero grande fama. Dopo molte generazioni di discendenti succedutisi nei regni, finalmente, i sovrani della discendenza di Eolo si estinsero in Sicilia.

Questo è Pheraimon, dunque, protagonista di un’oscura vicenda fatta di popolazioni dimenticate, di re e guerrieri, di navi ed esplorazioni, di colonie e guerre, di conquiste e imperi marini. Tutto quello che se ne conosce è un brano di Diodoro Siculo e un’iscrizione monetaria, associata ad un’immagine eroica e alla città di Messana.

Pheraimon è senz’altro un eroe locale dell’area eoliano-messinese. Non è un eponimo, pare, quindi il suo ruolo mitografico dev’essere diverso. Egli appare nelle monete di Messina assieme ai delfini, a Nettuno e a tutti gli altri simboli cittadini. Si tratta forse di un mito eolico, se pure esistettero gli Eoli, di un eroe, di un conquistatore proveniente dalle Isole Eolie, della prima radice del mito dei Giganti di Messina, assieme alla sua compagna Pelorias, “l’immensa”?

Pheraimon è infatti associato a un altro importante (e sconosciuto) simbolo del territorio siciliano: Pelorias, la ninfa delle paludi di Capo Peloro, la stessa figura femminile che appare nel diritto delle monete citate poco sopra.

Col termine Peloro, Pelorias o Peloris viene chiamato il promontorio della Sicilia che si allunga naturalmente verso la costa calabrese, l’attuale Capo Peloro, occupato dai villaggi di Ganzirri e Torre Faro. L’aggettivo deriva dal greco “enorme” o “mostruoso” e serviva un tempo anche ad indicare gli spaventosi fenomeni di vortici e gorghi localizzati nello Stretto e raffigurati in antichità con i mostri Scilla e Cariddi.

Pelorias era quindi “quella del Peloro” il genio tutelare della punta siciliana dello Stretto di Messina, un paesaggio fatto all’epoca di dune, laghi pescosi e ricchi di uccelli, acquitrini, canali e torrenti. Viveva tra i pantani di Ganzirri e Torre Faro, portava i capelli intrecciati di rose di palude ed era collegata alla Pinna Nobilis e alla coltivazione del bisso.

La Pinna Nobilis, mollusco presente presso il promontorio di Pelorias, da cui si estrae il prezioso bisso.

In questo modo essa era raffigurata spesso sull’altra faccia delle emissioni monetarie dove appare Pheraimon, come due aspetti della stessa simbologia: da una parte l’eroe combattente, il maschio guerriero, dall’altra la bella ninfa del paesaggio agreste e lacustre di Capo Peloro.

La testa di Pelorias, che ricopia l’Aretusa dei decadrammi di Kimone ed Euainetos, rappresenta quindi la personificazione del territorio siciliano dello Stretto di Messina e ricorda altre raffigurazioni di divinità rappresentative e tutelari dei luoghi e delle colonie. Essa è rivolta a sinistra e porta i capelli arrotolati sulla nuca, trattenuti da una coroncina di foglie di canne, simbolo del territorio acquitrinoso dei pantani del Capo. Questo territorio è difeso dal guerriero Pheraimon, che è, per questo motivo, oltre che guerriero, suo amante e sposo.

Negli anni 412-408 a.C. Messana conia perfino tre serie in oro dedicate a Pelorias, in cui viene raffigurata assieme ora a un cavallo sormontato da un tridente, ora al guerriero Pheraimon, ora a un tridente, considerato un altro attributo specifico di Pelorias.

La coppia Pelorias e Pheraimon si presta quindi infine ad una particolare lettura simbolica, quella degli amanti. Da questo punto di vista queste due figure mitiche del passato più ancestrale di Messina potrebbero essere considerati i progenitori dei Giganti Mata e Grifone, vale a dire gli avi dei fondatori e protettori della città, ancora oggi portati in processione in occasione del ferragosto.

I Giganti di Messina, forse una tradizione che risalirebbe fino ai miti di Pheraimon e Pelorias

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Mauro Longo
Mauro Longo
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