I laghi di Capo Peloro

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I laghi di Capo Peloro

Il complesso lagunare di Capo Peloro è situato all’estremità nord-orientale della Sicilia, dove l’alluvionale della costa occidentale dello Stretto di Messina raggiunge la sua massima estensione. Qui il moto ondoso e le correnti di marea hanno favorito dapprima la formazione di cordoni litorali, i quali hanno racchiuso col tempo un ampio tratto di mare.

I detriti trasportati dai torrenti che un tempo scendevano dalle colline e sfociavano nelle lagune e nei “Pantani” così formatisi hanno portato poi all’interramento di quest’area paludosa e salmastra e alla sua divisione in più parti, fino all’attuale conformazione, comprendente i due laghi salmastri di Faro e Ganzirri. A tutto ciò ha contribuito il regime anemometrico del sito, caratterizzato da venti provenienti da tutte le direzioni, ma con prevalenza di quelli dei settori settentrionali e meridionali, a causa dell’effetto di canalizzazione esercitato dallo Stretto di Messina e dalle catene montuose siciliane e calabresi.

Il profilo di questa costa sabbiosa è stata soggetta in tutti i secoli a cambiamenti, crescita e decrescita, allungamento e scorciamento, per arrivare a un ultimo periodo di degrado e scomparsa che continua a erodere la duna. La posizione intermedia tra l’ambiente terrestre e quello marino e la particolare esposizione di Capo Peloro fanno sì che questi ambienti siano sottoposti a molteplici forzanti idrologiche e meteoclimatiche, e che siano particolarmente soggetti agli effetti negativi dovuti all’impatto dell’uomo. Nei laghi, infatti, si versano le acque piovane che scorrono a valle dopo aver dilavato le colline circostanti ed essere transitate per gli insediamenti urbani circostanti. Negli ultimi tre decenni, inoltre, una crescente espansione edilizia di tipo residenziale e turistico ha interessato la zona collinare interna, senza essere accompagnata dall’adeguamento della rete fognaria locale.

I Laghi di Ganzirri e di Faro sono oggi due piccoli ecosistemi caratterizzati da alti livelli di biodiversità e produttività primaria, il che li rende adatti allo sfruttamento delle risorse biologiche ed in particolare alla molluschicoltura, praticata da diversi secoli in entrambi i laghi. L’area compresa tra Ganzirri e Punta Faro rimane a tutt’oggi uno dei sistemi lagunari più interessanti del nostro paese dal punto di vista scientifico ed è tutelato da un vincolo naturalistico e paesaggistico.

Si tratta tecnicamente di stagni costieri salmastri che, per la loro comunicazione con il mare, rappresentano un ambiente di transizione in equilibrio dinamico con l’ambiente marino; sono sede di flore specializzate di ambienti umidi salmastri e utilizzati come stazioni di sosta dagli uccelli migratori. Il Lago Faro, per la sua particolare conformazione, rappresenta inoltre un raro esempio di “bacino meromittico”, oggetto di studio e di ricerche da parte di specialisti a livello internazionale. Esso è tra l’altro caratterizzato dal massiccio sviluppo di solfobatteri colorati fototrofi, che sono capaci di svolgere attività di fotosintesi anche in mancanza di ossigeno; le complesse relazioni che si instaurano con le altre popolazioni batteriche intervengono nel ciclo biogeochimico dello zolfo facendone un biotopo di peculiare importanza.

L’intero contesto della Laguna di Capo Peloro è costituito da aree dunali e retrodunali con presenza di biotopi floristicamente ricchi con specie di vegetazione psammofila ad alta vulnerabilità o rischio di scomparsa, nonché talune specie vegetali tipiche di ambiente alofilo e dei litorali sabbiosi costieri, riscontrabili in pochi ambienti del bacino Mediterraneo.

Vi sono 5 canali che mettono in comunicazione i 2 laghi tra loro e con i due mari (Ionio e Tirreno):

  • il canale di collegamento tra i due Pantani, denominato Margi.
  • i canali di collegamento dei Pantani con i mari Tirreno e Ionio (Canale degli Inglesi, Faro, Due Torri e Catuso).

Per quanto riguarda invece i laghi, essi in origine erano quattro:

  • Il Lago Ganzirri si estendeva per una superficie inferiore di 1/3 rispetto all’area ricoperta oggi.
  • Il Lago di Faro è rimasto praticamente immutato.
  • Il Lago dei Margi era situato nell’attuale località Margi tra il Lago di Ganzirri e quello di Faro, ossia nella zona attraversata dal canale che oggi collega i due laghi, il “Canale dei Margi”. “Margi” significa semplicemente “acquitrino” anche se questo termine non è più compreso da chi parla il dialetto del luogo.
  • Il Lago Madonna di Trapani si trovava in linea con il lago Ganzirri in posizione molto ravvicinata e oggi ne è annesso.

Oggi il Lago di Ganzirri ha forma allungata nel senso SO-NE e si estende per una superficie di 338,400 m², misura una larghezza massima di 252 m, una lunghezza di 1670 m e raggiunge la profondità di 6,5 m. La sua profondità massima è di 6,5 m e il suo volume medio stimato è di circa 975000 m³.

Il nome stesso del villaggio di Ganzirri, potrebbe derivare dal termine medievale per indicare alcuni tipi di ampie imbarcazioni (le Ganzirre, simili a Galee) che venivano attraccate in questi ampi pantani, ottimi per il rifugio dalle condizioni avverse, per il rimessaggio e per operazioni di manutenzione e riparazione.

Dal punto di vista batimetrico esso è virtualmente diviso in due bacini, il più settentrionale dei quali, che non raggiunge la profondità di 2 m, è fortemente caratterizzato dalla presenza di Chaetomorpha linum, ed è sede ogni anno di imponenti fenomeni di eutrofizzazione, tanto da rendere spesso necessaria la rimozione manuale dell’enorme massa macroalgale in decomposizione.

La salinità delle acque del Lago di Ganzirri varia in media tra 29 e 34. Per la sua posizione, infatti, il Lago di Ganzirri raccoglie buona parte delle acque freatiche superficiali e di quelle provenienti dai corsi d’acqua a carattere torrentizio che insistono ancora oggi sulla zona. A causa dell’elevato rapporto superficie/volume le variazioni di salinità e di temperatura indotte dalle condizioni meteoclimatiche sono cospicue. Il rapporto tra l’estensione del lago, la scarsa quantità d’acqua contenuta, l’elevato apporto di acque freatiche e la presenza di sorgive, fa comunque sì che i livelli di salinità siano meno elevati rispetto a quelli rilevati nel Lago di Faro. La temperatura varia tra valori medi di 12°C in febbraio e 30°C in luglio.

È collegato al mare da due canali: il canale Catuso, coperto, ed il canale Carmine o canale Due Torri, scoperto. Questi canali vengono aperti saltuariamente per ossigenare le acque soprattutto nel periodo estivo, quando le temperature sono molto elevate. L’apertura dei canali va fatta nei tempi giusti ed in modo graduale per evitare che l’idrogeno solforato, prodotto dal batterio Desulfovibrio Desulfuricans emerga distruggendo la fauna ittica presente nel lago, come sembra da studi degli ultimi decenni che sia avvenuto in diversi fenomeni di moria collettiva. L’aspetto più affascinante sta nella particolare conformazione geologica dello stesso: dai parametri rilevati sull’andamento di costa e fondale risulta che la conca lacustre si estende lungo i primi 1130 m mentre i restanti 490 m sono da considerarsi parte integrante di un altro lago.

Il sottilissimo strato d’acqua presente nel tratto a circa 1100 m a NE da Ganzirri inibisce la comunicazione tra le due aree che risultano avere caratteristiche chimico-fisiche differenti. Si può quindi sostenere che il lago Ganzirri presenta due biotopi coesistenti nello stesso specchio d’acqua.

Le suddette valutazioni portano alla conclusione che il Lago Madonna di Trapani continua a sopravvivere come appendice dell’attuale lago Ganzirri (osservandolo attentamente dalla zona Due Torri si può facilmente intuire l’ipotetica linea di demarcazione dei due laghi, anticamente attigui).

Il Lago di Faro ha forma quasi circolare e si estende in una superficie di 263,600 m². Nel punto di diametro maggiore misura 661 m, la profondità vicino la riva è di 1-5 m e raggiunge la profondità massima di 28 m in una zona leggermente spostata ad est rispetto l’epicentro, risultando il più profondo dei laghi costieri siciliani.

La salinità di questo lago è più elevata di quella del lago Ganzirri grazie alla superficie minore, al maggior volume di acqua ed alla posizione che non da la possibilità alle acque freatiche di penetrarvi. La quantità di idrogeno solforato è superiore rispetto al lago Ganzirri, quindi durante la delicata fase d’apertura dei canali aumenta in modo esponenziale il rischio di una eventuale risalita del gas in superficie; comunica col mare attraverso il canale Faro ed il canale degli Inglesi realizzato nel 1810.

I Laghi di Ganzirri e Torre Faro, venutisi a formare all’incirca cinque millenni fa, sono stati in passato il più importante ricovero per le imbarcazioni che, stanziali o di passaggio, solcavano le acque infide dello Stretto. Fu nelle acque di questi “pantani”, oggi ridotti a due ma un tempo quattro e sempre collegati tra loro e coi due mari, che i Fenici ebbero i loro empori ed attracchi prima dell’arrivo dei Greci nella zona falcata, alla metà dell’VIII sec. a.C.

A controllo di tale passaggio navale fondamentale, questo popolo di naviganti e mercanti scelse proprio i laghi, per avere un porto sicuro e un passaggio privo di problemi dallo Ionio al Tirreno e viceversa. I laghi, infatti, collegati tra loro e con i mari, permettevano di entrare in acque sicure all’altezza di Ganzirri, e di uscirne a Mortelle, evitando i terribili gorghi di Cariddi e gli scogli aguzzi di Scilla.

Stessa logica fu applicata da Sesto Pompeo e dai membri della sua flotta, che (pare) avrebbero fatto stanza proprio in questi laghi, ideali per il ricovero delle imbarcazioni e il controllo del passaggio dello Stretto. Potrebbe essere stato lo stesso Pompeo ad avere eretto anche il Faro romano di Capo Peloro, recentemente scoperto, a completamento della funzionalità di questo sistema difensivo.

Nel 1783 il terremoto fece diventare i laghi da salmastri a dolci. Si decise quindi di aprire i canali esistenti tutt’ora che collegano i laghi con il mare, anche perché le rane e altre creature di questi acquitrini si stavano riproducendo a dismisura. Nel prosciugare il terzo lago si scoprirono resti di fondazioni ritenute quelle del tempio di Nettuno descritto dagli antichi, le cui colonne avrebbero finito per abbellire il Duomo di Messina.

Anche gli inglesi che presidiarono Messina e lo Stretto nel XIX secolo, contribuirono a riaprire e rimettere in funzione il sistema Laghi-Mari dello Stretto, scavando o ripristinando i canali attualmente esistenti, bonificando il sistema lacustre della duna e utilizzandolo per il ricovero delle imbarcazioni e forse addirittura per l’attraversamento dello Stretto tramite i canali, almeno per le imbarcazioni di dimensioni adeguate.

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Mauro Longo
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