Il discorso di Ursula Le Guin e il senso dell’Arte

discorso Ursula Le Guin

Un piccolo ragionamento che mi andava di fare, dopo aver sentito e risentito il discorso di Ursula Le Guin al momento di ricevere il National Book Award.

05295Avevo parlato di questa scrittrice colossale in merito a la Saga di Terramare, quella che conosco meglio. In quel caso l’avevo definita “una donna colta, intelligente, sensibile, anarchica e femminista, nella cui opera non c’è spazio per la volgarità o la sguaiatezza o anche solo per violenza, crudeltà e barbarie.” 

Il giudizio rimane.

Per chi non la conoscesse bene, Ursula Le Guin ha scritto quello che è considerato il terzo romanzo fantasy di tutti i tempi (dopo Signore degli Anelli e Hobbit): il Mago, primo libro appunto della Saga di Terramare.

Scrive da circa cinquant’anni e ha venduto milioni di copie in tutto il mondo. Oltre a un innegabile successo di pubblico, ha ricevuto anche numerosissimi premi di critica: a parte l’elenco completo, ha 19 Locus Award, 5 premi Hugo e 6 Nebula (aggiorno da wikipedia: magari ce ne sono molti di più). E’ laureata in storia della letteratura francese e del Rinascimento italiano.

discorso Ursula Le GuinOltre a questo, c’è da dire che questa scrittrice ottantacinquenne rimane perfettamente lucida e battagliera anche oggi, che ha ricevuto un importantissimo premio alla carriera. Per l’esattezza, dalle mani di Neil Gaiman in qualità di valletto, il 19 Novembre 2014 Ursula Le Guin ha ricevuto il National Book Award americana, o meglio la Medal for Distinguished Contribution to American Letters, ovvero la medaglia “per aver arricchito il patrimonio letterario americano con una vita di lavoro nel settore o un corpus di opere”.

Un premio eccezionale, coronamento di una carriera nobilissima, che segna anche un traguardo importante: a quanto pare è la prima volta che un premio altissimo dedicato alla letteratura mainstream sia assegnato a una icona del fantastico, fantascienza e fantasy che sia (visto che Le Guin ha scritto capolavori in entrambi i generi).

Il discorso di Ursula Le Guin

Il discorso di questa icona vivente della storia della letteratura è il seguente, che riporto dall’ottima traduzione di Leggere a colori:

Grazie Neil [Gaiman, che le ha consegnato il riconoscimento, n.d.r.] e a tutti coloro a cui devo questo bellissimo premio, grazie di cuore. Appartiene anche alla mia famiglia, al mio agente, ai miei editor, perché se sono qui è merito loro quanto mio. E sono felice di accettarlo, e condividerlo, con tutti gli scrittori che sono stati così a lungo esclusi dalla letteratura; i miei compagni autori di fantasy e fantascienza, scrittori dell’immaginazione che per cinquant’anni hanno osservato mentre bellissimi premi come questo andavano ai cosiddetti realisti.

Credo che stiano per arrivare tempi duri in cui avremo bisogno della voce di scrittori capaci di vedere alternative a come viviamo ora, vedere oltre la nostra società paralizzata dalla paura e le sue ossessive tecnologie, e persino capaci di immaginare basi concrete per la speranza. Avremo bisogno di scrittori capaci di ricordare la libertà: poeti, visionari — i narratori realisti di una realtà più grande. Credo che oggi si senta il bisogno di autori in grado di vedere la differenza tra la produzione di un bene di mercato e la pratica di un’arte. Creare materiale scritto seguendo le necessità delle strategie di vendita così da massimizzare il profitto d’impresa e i ritorni pubblicitari non è esattamente lo stesso che scrivere o pubblicare responsabilmente. (Grazie, voi coraggiosi che applaudite).

Nonostante questo vedo gli uffici vendita prendere un ruolo predominante sulle redazioni editoriali; vedo i miei stessi editori, in uno sciocco panico dovuto a ignoranza e paura, vendere ebook alle biblioteche pubbliche a sei o sette volte il prezzo che farebbero a un cliente qualsiasi. Abbiamo appena visto un profittatore cercare di punire un editore per la sua disobbedienza e scrittori minacciati da una sorta di fatwa corporativa, e io vedo molti di noi, che scriviamo e pubblichiamo libri, accettare tutto questo. Lasciando che affaristi ci vendano come deodorante e ci dicano cosa scrivere e cosa pubblicare. (Beh, ti amo anch’io tesoro. [Ridendo, in risposta a un “Ti amo!” urlato dal pubblico, n.d.r.])

Sapete, i libri non sono solo beni di consumo. Il fine commerciale è spesso in conflitto con gli scopi di un’arte. Viviamo nel capitalismo, il suo potere ci sembra assoluto. Così sembrava anche il diritto divino dei re. Gli esseri umani possono resistere e cambiare ogni forma di potere umano e la resistenza e il cambiamento spesso inizia nell’arte. Molto spesso proprio nella nostra arte, quella delle parole.

Ho avuto una carriera lunga e bella, spesa in buona compagnia. Oggi, alla sua conclusione, non voglio vedere la letteratura americana tradita dai suoi stessi esponenti. Noi che viviamo scrivendo e pubblicando vogliamo — e dovremmo esigere — quanto ci è dovuto. Ma il nome di questo nostro premio non è profitto. È libertà.

Alcuni punti su cui ragionare:

Scrittori di genere e scrittori mainstream

Il Mago paolo barbieri coverUn altro paletto è caduto nella suddivisione tra narrativa di genere (fantastico) e letteratura mainstream. E’ significativo che questa crepa sia stata aperta da Ursula Le Guin, che ha sempre inserito temi importanti e forti nelle sue opere fantastiche e che si distingue per una qualità di scrittura e temi che nulla ha da invidiare a quella di altri grandi esponenti della storia della letteratura.

Il confine tra fantastico e “reale” è sempre stato labile e smette di avere senso quando il buon fantastico può veicolare contenuti umani e ideali elevati. Come sempre, questo premio e la Le Guin ce lo ricordano, la differenza non è tra letteratura mainstream e narrativa di genere, ma tra libri buoni e libri brutti.

Realisti di una realtà più grande

Ho appena finito di dire che mainstream e fantastico per me pari sono, che arriva la stoccata di Ursula Le Guin: chi scrive di mondi fantastici non è un sognatore, ma è il realista di una realtà più vasta. Il fantastico come paradigma del reale, che si può liberare di alcuni dettagli secondari necessari a una narrazione realistica e andare diritto al punto.

I grandi temi della letteratura mainstream sono gli stessi di quelli della narrativa fantastica, ma in quest’ultima appaiono sempre più fulgidi, potenti e incisivi. Guerra e Pace potrebbe trattare lo stesso tema delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco (lo so, non è così), ma le vicende raccontate da George Martin, poiché non ancorate a una realtà storica e dunque manipolabili all’occorrenza, saranno sempre più incisive di quelle “realistiche” di Lev Tolstoj.

Arte o merce?

Ecco il punto più controverso del discorso. La vera “arte” dei grandi autori e delle grandi opere non è una merce, come spesso lo sono le pubblicazioni bargain da grandi magazzini, i romanzi dozzinali, i libri “ordinati” dal direttore commerciale e spinti da campagne di marketing e distribuzione. Il direttore vendite non dovrebbe comandare sulla linea editoriale. Un libro non è la stessa cosa di un deodorante.

E’ giusto? E’ corretto? Di certo questa posizione è saggia, pacata e proviene da uno dei personaggi più autorevoli del mondo della letteratura mondiale (a proposito, qualcuno confonde autorità e autorevolezza: studiate meglio!) e per questo va ascoltata e compresa. Ho sempre pensato che l’Arte con la A maiuscola non sia un elemento che vada ricercato in quanto tale (o almeno non nell’accezione più diffusa). L’arte è Techné, tecnica. Il bravo calzolaio è un artista. Il giovane lattoniere che aggiusta la mia auto con passione, dedizione e competenza è un artista. Il bancario, il ferroviere, il pubblicitario che fanno bene il proprio lavoro e trovano soluzioni nuove a problemi vecchi sono artisti.

La visione dell’Artista contemporaneo, un filosofo estetico concettuale che vuole esprimersi tramite i propri lavori, è a mio avviso una devianza della nostra società, mentre il “vero Artista” rimane quello classico, medievale, rinascimentale: un bravissimo artigiano specializzato che fa il suo lavoro per una committenza e un pubblico, viene pagato per quello che fa e riesce a creare oggetti che vengono infine ammirati per la loro qualità. L’Arte, il valore aggiunto, la scintilla divina non esistono? Sì, esistono, ma non sono la BASE dell’opera di un artista-artigiano: sono il risultato finale, una caratteristica EMERGENTE che appare alla fine della realizzazione, quando lo straordinario artigiano ha realizzato un’opera talmente ben fatta che diventa un capolavoro.

Non si può PARTIRE, pensando di creare un capolavoro, di creare la cosiddetta “Arte”. Ci si arriva, all’Arte, solo dopo che tutta la tecnica è stata eseguita al meglio delle possibilità terrene, l’artista sperimenta qualcosa di unico e suo proprio, ci lavora sopra per anni come uno schiavo (ricordate Michelangelo e la Cappella Sistina?) e infine il lavoro viene terminato, visto, rivisto e perfezionato un’ultima volta.

L'idea di far rifare la decorazione della volta a Michelangelo Buonarroti dovette venire a papa Giulio nell'aprile del 1506, come testimonia una lettera inviata allo stesso Michelangelo dal capomastro fiorentino Piero Rosselli, il quale aveva ascoltato la notizia dalla voce del papa stesso. La precipitosa fuga da Roma di Michelangelo, per via degli intrighi che avevano bloccato il suo grandioso progetto della "Sepoltura" del papa, sospese il progetto fino alla riappacificazione col papa, che avvenne nel 1507. Nel 1508 quindi l'artista tornò a Roma e sottoscrisse il contratto; il lavoro venne completato entro il 31 ottobre 1512[9]. La decorazione della volta incontrò numerose difficoltà, tutte brillantemente superate dall'artista e dai suoi collaboratori. Per essere in grado di raggiungere il soffitto, Michelangelo necessitava di una struttura di supporto; la prima idea fu del Bramante, che volle costruire per lui una speciale impalcatura, sospesa in aria per mezzo di funi. Ma Michelangelo temeva che questa soluzione avrebbe lasciato dei buchi nel soffitto, una volta completato il lavoro, così costruì un'impalcatura da sé, una semplice piattaforma in legno su sostegni ricavati da fori nei muri posti nella parte alta vicino alle finestre. Questa impalcatura era organizzata in gradoni in modo da permettere un lavoro agevole in ogni parte della volta. Il primo strato di intonaco steso sulla volta cominciò ad ammuffire perché era troppo bagnato. Michelangelo dovette rimuoverlo e ricominciare da capo, ma provò una nuova miscela creata da uno dei suoi assistenti, Jacopo l'Indaco. Questa non solo resistette alla muffa, ma entrò anche nella tradizione costruttiva italiana. Inizialmente Michelangelo era stato incaricato di dipingere solo dodici figure, gli Apostoli, ma quando il lavoro fu finito ve ne erano presenti più di trecento. Dell'impresa restano numerosi disegni, che rappresentano un documento molto prezioso.
Il rifacimento della decorazione della volta della Cappella Sistina era all’epoca una specie di opera da imbianchini specializzati. Oggi la consideriamo una vetta dell’Arte mondiale. Le due visioni sono in conflitto? No di certo, perché l’Arte non è che una espressione particolarmente riuscita di artigianato specializzato. Michelangelo ha una precisa committenza e una serie di paletti da rispettare. 
“Nel 1508 quindi l’artista tornò a Roma e sottoscrisse il contratto; il lavoro venne completato entro il 31 ottobre 1512. La decorazione della volta incontrò numerose difficoltà, tutte brillantemente superate dall’artista e dai suoi collaboratori. Per essere in grado di raggiungere il soffitto, Michelangelo necessitava di una struttura di supporto; la prima idea fu del Bramante, che volle costruire per lui una speciale impalcatura, sospesa in aria per mezzo di funi. Ma Michelangelo temeva che questa soluzione avrebbe lasciato dei buchi nel soffitto, una volta completato il lavoro, così costruì un’impalcatura da sé, una semplice piattaforma in legno su sostegni ricavati da fori nei muri posti nella parte alta vicino alle finestre. Questa impalcatura era organizzata in gradoni in modo da permettere un lavoro agevole in ogni parte della volta. Il primo strato di intonaco steso sulla volta cominciò ad ammuffire perché era troppo bagnato. Michelangelo dovette rimuoverlo e ricominciare da capo, ma provò una nuova miscela creata da uno dei suoi assistenti, Jacopo l’Indaco. Questa non solo resistette alla muffa, ma entrò anche nella tradizione costruttiva italiana.
Inizialmente Michelangelo era stato incaricato di dipingere solo dodici figure, gli Apostoli, ma quando il lavoro fu finito ve ne erano presenti più di trecento. Dell’impresa restano numerosi disegni, che rappresentano un documento molto prezioso.”

Allora, e solo allora, se quel quid di qualità superiore è davvero presente nell’opera, questa diventerà quella famosa Arte.

Il discorso di Ursula Le Guin va applicato a ogni racconto o romanzo che un autore-artigiano sta scrivendo? Ha senso scrivere di mestiere, produrre libri come se fossero deodoranti e pretendere che siano o diventino Arte?

Ernest Beaux, artigiano profumiere creatore dello Chanel n.5
Ernest Beaux, artigiano profumiere creatore dello Chanel n.5

Sì, certo che ce n’ha. Perché chi ha inventato la formula di un profumo famoso (non ne conosco nessuno, diciamo uno Chanel n. 5) era o non era un artista? Lo era certamente, magari assieme a Coco Chanel stessa che ci ha messo tutto il marketing. E non si è sbattuto, questo tale Ernest Beaux, per creare decine di varianti di profumi nella sua vita?

Certo che lo ha fatto. Era un artigiano dei deodoranti, eppure a un certo punto, una delle sue cento varianti è diventata Arte (semplifichiamo).

E quindi? Arte o non arte?

Arte. Ma come risultato finale di lavoro artigianale, applicazione di tecnica e ricerca continua della qualità. A me piacciono gli autori di narrativa seriale, che magari hanno scritto cento libri tutti simili tra loro, trecento racconti bargain finiti su antologie diverse per due lire. Perché quello era il loro mestiere. Ci vivevano. Se uno riesce a vivere di questo mestiere (ma anche di giornalismo, saggistica, copywriting, librogame e giochi di ruolo), per me diventa un modello da imitare e studiare. Scrivere come tecnica e artigianato, come mestiere, sempre! Non come un vezzo emotivo e poetico. Mestiere.

MA.

Ma chi vuole trascendere dal presente, chi vuole lasciare un segno, chi vuole lavorare sulla propria qualità, deve tendere anche a dare qualcosa in più nelle sue opere. Qualcosa che all’inizio non verrà magari notato, ma che forse un giorno si rivelerà. Una caratteristica emergente che può essere ritrovata in qualsiasi applicazione pratica dell’intelletto umano, se realizzata con professionalità, ingegno, espertezza tecnica e ricerca della qualità. QUELLO è l’obiettivo a cui ogni sapiente artigiano deve tendere nel proprio ambito, qualsiasi esso sia.

Perché in tutte le cose, in tutte le opere, è possibile alla fine che si distilli della quintessenza e l’insieme diventi più della somma delle sue parti.

 

Mauro Longo
Mauro Longo
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10 commenti

  1. Bellissimo articolo. Come del resto è stato bellissimo e commovente l’intervento della LeGuin… Importantissimo da sottolineare, specie qui da noi, il passaggio sui “realisti di una realtà più grande”, che da sempre è una cosa che sfugge non solo agli autori di un certo tipo, ma anche, e soprattutto, ai lettori di un certo tipo. Quelli di cui siamo pieni.

  2. Sono d’accordissimo con il tuo discorso (anche se, essendo io Ingegnere vedo che ben pochi capiscono l’arte insita nelle mie soluzioni tecniche ai problemi d’Ingegneria) e non vedo l’ora che, per esempio (tanto per non tirarmela troppo con l’Ingegneria…) vengano istituiti dei premi altrettanto prestigiosi che il National Book Award anche per i panettieri e i pizzaioli, che sono anche loro dei veri artigiani – artisti.
    Adoro il concetto di artigiano – artista perche’ nella mia testa bacata lo associo al Rinascimento e ai costruttori di Cattedrali.

    • Esatto. Il muratore che costruiva cattedrali in un cantiere, con Maestri d’opera e maestranze specializzate… tirava su una Chiesa. EPPURE, la risultante, la caratteristica EMERGENTE del suo lavoro è un capolavoro dell’umanità.
      Arte-Techné-Artigianato-Qualità. Questo è per me il concetto di ogni lavoro!

  3. Bravo, bravo, mille volte bravo. Condivido ogni singola parola, specialmente le considerazioni su Arte e Artigianato. Sono le stesse cose che vado predicando da anni riguardo alle arti visuali, ma si applicano perfettamente a molti altri contesti.
    Un degno commento a un bellissimo discorso della grande signora del fantastico.
    Di solito mi godo i tuoi articoli e me ne sto zitto, ma stavolta meriti una standing ovation.
    Tante affettuose pacche sulle spalle a te e a chiunque riconosca il valore di un lavoro fatto bene, con umiltà e dedizione.

  4. Vorrei pero’ aggiungere una piccolissima postilla: anche un deodorante puo’ essere un’opera d’arte. Non lo e’ necessariamente sempre, magari sara’ un tipo di arte che non tutti capiranno e riconosceranno come arte, ma puo’ esserlo.

  5. […] o Ciclo di Earthsea di Ursula Le Guin  non dovrebbe avere bisogno di presentazioni. Scritto da una delle principali autrici di fantascienza e fantasy di tutti i tempi, il ciclo è arrivato anche in Italia abbastanza presto, con varie edizioni Mondadori, Longanesi e […]

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