The Ministry of Thunder – Ma cosa ci fa Davide Mana a Shangai?

the ministry of thunder

The Ministry of Thunder è l’ultimo libro di Davide Mana, pubblicato in inglese da Acheron Books, Un guest post dell’autore ce ne spiega la genesi.

Io e Davide ci conosciamo, si può dire, da anni, da quando lessi uno dei suoi racconti e lo recensii con l’ammirazione di un fanboy. Poi, lui e altri autori italiani come lui mi spinsero ad aprire i miei blog, a scrivere, a pubblicare.

Con mio sommo orgoglio, oggi io e Davide lavoriamo assieme a diverse realtà italiane, proiettate verso il resto del mondo.

Una di queste è Moon Base Factory, il gruppo di amici, di autori/artigiani, che mi ha trascinato a bordo di questa folle nave alla deriva che è la nuova narrativa di genere italiana.

Un’altra è Savage Worlds Italia, la linea italiana di Savage Worlds. Se frequentate questo blog ne avete sentito parlare senz’altro: quest’anno, tra le altre cose, abbiamo vinto il premio come Miglior Gioco di Ruolo dell’Anno.

Una terza è Acheron Books, casa editrice nostrana appena nata, che pubblica direttamente in inglese opere dei migliori autori italiani di genere fantastico. The Ministry of Thunder di Davide, è finito, ovviamente, nella prima ondata di pubblicazioni.

Ecco allora che ho chiesto a Davide di raccontare un po’ la genesi del romanzo, per poter adornare il mio blog di un suo ottimo guest post, senza dovermi dilungare io in complimenti o presentazioni che potrebbero sembrare fuori luogo.

Bando alle ciance. Mi siedo con voi in platea e vi lascio a Davide e alla sua Shangai.

*Applausi di incoraggiamento.

Davide Mana

in

A Shanghai con Nyarlathotep e Olga Greenlaw

ovvero come diventai un autore di pulp

 

La colpa, naturalmente, è di Cthulhu.
O, per essere più precisi, di Nyarlathotep.
masks-cover-hcA metà anni ’90 ereditai una campagna di Call of Cthulhu – il mio amico Marco si trasferiva in Australia, lasciando a metà Le Maschere di Nyarlathotep.
Per chi se lo fosse perso, Masks è un autentico colossal de Il Richiamo di Cthulhu, una sequenza di avventure complesse e spettacolari, che trascinano i personaggi in ogni angolo possibile del mondo – da New York a Londra, dall’Egitto al Kenya, da Shanghai al deserto australiano.
Io ereditai le Maschere di Nyarlathotep a partire dal Kenya.
Ora, come tutte le grandi campagne per CoC, Masks of Nyarlathotep usa al meglio l’ambientazione storica, e il manualone della campagna conteneva una quantità di informazioni storiche – ampiamente integrate da un Masks of Nyarlathotep Companion, 550 pagine di materiale aggiuntivo che alcuni appassionati avevano messo insieme e distribuito via internet (oggi lo trovate in commercio, e vale maledettamente la pena).
Per un appassionato di storia – e quasi tutti i giocatori di ruolo una scheggia di passione per la storia da qualche parte ce l’hanno – Il Richiamo di Cthulhu e Le Maschere di Nyarlathotep possono essere una vera maledizione (o una vera manna, a seconda di come la volete vedere).
E così io, per prepararmi al mio gravoso dovere di rimpiazzare un master straordinario in una campagna colossale, cominciai a informarmi.
A cercare.
A leggere.
E scoprii Shanghai.

No, ok, ci ero già stato – con infiniti film di spionaggio di serie Z, con Orson Welles e Rita Hayworth, Con Tin Tin e il Drago Blu, con Harry Flashman… ma leggere la storia reale della città fu una scoperta.
1930s'_Shanghai_Nanking_RdNegli anni ’20 e ’30 Shanghai era la Parigi d’Oriente, capitale globale del commercio, della bella vita, dell’intrigo, del crimine, della depravazione.
Shanghai era non solo Parigi, ma anche Baghdad delle Mille e Una Notte, Lankhmar, Shadizar.
Gangster con mire politiche, missionari che contrabbandavano armi, dame dell’alta società marinate nell’oppio, scimpanzé come animali da compagnia, spie giapponesi, orchestre jazz composte da esuli ebrei polacchi, il sindacato per la tutela dei diritti dei cosacchi…

Da allora – cos’era, il 1996? – non ho mai smesso di leggere libri su Shanghai, di raccogliere informazioni, fatti, sciocchezze.
Che meravigliosa ambientazione per delle storie – o delle avventure per giochi di ruolo!

A Shanghai passarono, alla fine degli anni ’30, le Tigri Volanti.
Erano una banda di giovani americani, ufficialmente designati First American Voluntary Group, arrivati in Cina per combattere come mercenari contro i giapponesi.
olgaNella mia ricerca per strani libri sulla storia dell’estremo oriente, scoprii per caso The Lady and the Tigers, il diario di Olga Greenlaw, l’unica donna a far parte delle Tigri Volanti, con mansioni amministrative e come “madre surrogata” per quella banda di allegri cialtroni.
Leggendo il diario della Greenlaw scoprii con non poca sorpresa che il governo cinese aveva assoldato il Primo AVG dopo aver rescisso malamente un contratto… col governo italiano!
I mercenari avremmo dovuto fornirli noi – nel 1935, diciotto caccia sperimentali italiani e gli uomini necessari per pilotarli contro gli Zero nipponici.
Fu una sorpresa – come la maggioranza degli italiani, non ne sapevo nulla.
Un po’ di ricerca (internet è potente) mi permise di scoprire la sordida verità – un aereo all’avanguardia rifiutato dalla Regia Aeronautica (troppo moderno) e rivenduto ai cinesi, un accordo fra Chiang Kai Shek e Mussolini, una quarantina fra piloti e meccanici spediti in Cina a combattere contro quelli che da lì a poco sarebbero diventati i nostri alleati.
Le difficoltà, la corruzione, solo undici aerei consegnati dei diciotto pagati (e gli altri sette? Il mistero permane), l’accordo che salta, i piloti che tornano a casa, i meccanici abbandonati a se stessi, che si pagano il biglietto di ritorno a casa con la liquidazione.

Mi parve allora e mi pare oggi un ottimo punto di partenza per una storia (e sì, pensai anche di farne una campagna per un gioco di ruolo – probabilmente Savage Worlds con i due Pulp Toolkits).
Colonel Leonard ClarkL’idea di un italiano abbandonato a se stesso, che decide di restare in Cina e tentare la sorte deve probabilmente anche qualcosa alla biografia di Leonard Clark, giovane di belle speranze, avventuriero, cacciatore di tesori, pilota, allevatore di cani da combattimento; un personaggio ben reale ma assolutamente implausibile, che combatté in Cina contro i signori della guerra, sfuggì ai cacciatori di teste del Borneo fingendo di possedere poteri sovrannaturali, invase il Tibet da solo (nel senso che la forza d’invasione erano lui e due suoi servitori indigeni) e che venne visto l’ultima volta mentre si addentrava nella foresta del Mato Grosso, in cerca dell’Eldorado sulla base di una mappa acquistata da un rigattiere.
A me piacciono, i personaggi così -e la storia ne è costellata.

La faccenda dei meccanici “naufraghi” in Cina, nel bel mezzo di una guerra, è perciò all’origine di The Ministry of Thunder – così come la Shanghai di Nyarlathotep e del sindacato dei cosacchi è l’ambientazione per la prima parte del romanzo, e Leonard Clark brillante, coraggioso e un po’ cialtrone è la base per il protagonista.
E The Ministry of Thunder è poi una storia avventurosa, con un vago sentore lovecraftiano (si parla di Leng, dopotutto), il frutto di troppi anni spesi a leggere riviste pulp come Adventure o Oriental Stories, e a giocare a giochi come Call of Cthulhu e Savage Worlds.
Gloriosi risultati di una gioventù buttata.
Ma buttata bene, io credo.

Se siamo riusciti a incuriosirvi, vicino all’uscita dalla sala c’è un banchetto di libri pieno di copie di The Ministry of Thunder.

Buttateci un occhio…

Mauro Longo
Mauro Longo
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