Livio Gambarini – Giornata di uno scrittore

Livio Gambarini

Come si svolge la tipica giornata di lavoro degli scrittori italiani professionisti? Livio Gambarini ci racconta la propria.

Giornata di uno scrittore è il racconto che alcuni scrittori italiani hanno dedicato a Caponata Meccanica sulla propria tipica giornata lavorativa. Questa rubrica è ispirata a quella analoga del Guardian – Review. Gli autori che trovate in questa rubrica hanno fatto della scrittura il loro mestiere principale e provano a pagarci affitto e bollette; vale anche un misto di narrativa, fiction, articoli, editing, cura editoriale, conferenze e corsi di scrittura, giochi, traduzioni, sceneggiature, collaborazioni, canzoni, ghostwriting e copywriting… purché in ogni caso, sedersi al tavolo e scrivere sia il loro lavoro.

Oggi vi presentiamo…

Un mio tipico giorno di lavoro – Livio Gambarini

51+lYkEoVrLLa mattina comincia a un orario indefinibile; che diavolo aveva nel cervello il me di ieri notte?

Ma vabbè, in fondo ne vale la pena.

Riemergo dal torpore nel bar sotto casa, con la brioche che mi cola crema al pistacchio sulle dita, il caffè doppio che fuma e il portatile aperto sul tavolino già pieno di briciole. Dallo schermo mi guarda la storia che sto scrivendo in questo momento. Non importa che sia una sceneggiatura per cinema, videogiochi o serie tv, oppure che sia della semplice, vecchia narrativa; il mattino è un buon momento per revisionare e proseguire una stesura, perché i pistoni dei dubbi e dell’inquietudine non si sono ancora avviati: per qualche ora posso indurre il motore a macinare solo la materia che ho davanti. Quasi solo, perché i messaggi su WhatsApp e Messenger già vibrano sul cellulare, e alcuni di quelli non li posso rimandare.

Posso scrivere solo in due modi: a cazzo di cane (per me stesso), oppure con cura e attenzione (per i lettori). Scrivere nel secondo modo all’epoca dell’informazione è pesante, pesantissimo; il pubblico è ancora così lontano che a malapena so che esiste. Non riuscirei a continuare a scrivere, se non sapessi che a pranzo la mia ragazza leggerà il nuovo pezzo e che più tardi ne parleremo al telefono. Lei diventa sempre più esigente, acuta e abile nel beccarmi mentre tento di nascondermi tra le righe… se voglio continuare a sorprenderla e a non farle pesare lo scopo fondamentale che assolve per me, santa donna, devo per forza migliorare anch’io.

516M3Q548ML._SY346_Quando un capitolo finisce, lo mando ai miei 7-8 beta-reader (ormai abbastanza consolidati); quando avrò completato l’intero testo e avrò integrato i suggerimenti più sensati, lo manderò ai gamma-reader (più variabili a seconda del testo).

Arriva sempre troppo presto, la maledetta ora di pranzo. Devo davvero andare a dormire prima. Mentre cucino guardo una puntata su Netflix, ascolto un audiolibro o parlo al telefono.

Dopo pranzo è ora di rispondere a messaggi e mail, di promuovere il mio nome e i miei servizi, di smaltire commissioni e paduli e soprattutto di svolgere quei lavori che hanno una retribuzione diretta e fissa, per quanto magra: l’editing di romanzi altrui, l’insegnamento ai corsi di scrittura in Università e fuori, le rare commissioni da copywriter e le conferenze retribuite.

Il lavoro vero che preferisco è senza dubbio il writing coach: da un lato mi sento utile nel vedere i miei clienti soddisfatti dei loro miglioramenti, dall’altro ho notato che chi comprende l’utilità di tale figura tende a essere più sveglio e onesto della media; non mi è ancora capitato un cliente con cui non passassi volentieri il tempo. Ed è tutto dire, in questo campo.

51RJzZgTvuLDevo ammetterlo: se non ci fossero commissioni, lavori o altro, il pomeriggio sarebbe tempo perso. Non scrivo mai bene di pomeriggio, men che mai in casa, tranne quando sono sotto scadenza. Il mio tasso di distrazione rende futile persino provarci; piuttosto mi conviene uscire, leggere o videogiocare; i videogame basati sul gameplay sono svago e basta, ma da quelli narrativi si impara più che dai migliori romanzi per quanto riguarda dialoghi e worldbuilding.

Non arriva mai troppo presto, la benedetta ora di cena. Finalmente il sole è calato.

Ah, la notte di mezza stagione! Niente di più meraviglioso che gironzolare per Milano con il portatile carico, quindici euro in tasca e una storia da scrivere in testa. Il posto in cui scrivo non è affatto indifferente: il contesto è per me un’enorme fonte di ispirazione. Alcune volte, nella ricerca di luoghi adatti, finisco per invadere il terreno di pesca degli spacciatori o a infilarmi in uno dei mille atroci bar cinesi; l’anima c’è sempre, se la cerchi bene. Altre volte vado a colpo sicuro sui miei luoghi rodati come Stazione Centrale (fino a mezzanotte) e la focacceria Mordi&Fuggi (a oltranza). Se posso, accompagno questi momenti di scrittura con qualcosa da sbocconcellare, insieme a un bicchiere di grappa e un po’ d’acqua. Mi vengono idee nuove, fuori dalla mia comfort zone: idee inaspettate, interessanti, fantastiche e anche pessime – tanto le saprò distinguere e scremare già domani mattina. E puntualmente, quando la testa mi gira e gli occhi mi bruciano, guardo l’ora ed è già molto più tardi di quanto sarebbe sano.

Il me di domani mattina farà fatica a svegliarsi. Maledirà il me di adesso e questa vita stramba e complicata.

Ma vabbè, in fondo ne vale la pena.

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Mauro Longo
Mauro Longo
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