Virginia Strano e la Chiave di Re Salomone – gran finale

Virginia Strano e la Chiave di Re Salomone è uno dei racconti vincitori del concorso Steampunk vs Dieselpunk di Scrittevolmente.
Ecco le altre parti del racconto: nell’ordine: 1234 e 5.

(…)

Sergej Voronoff, maledizione, di nuovo voi!” gli gridò contro Virginia, estraendo la spada dal fodero. “Prima le Miniere di Salomone, poi le Carceri di Gerusalemme. Dovreste proprio rivelarmi chi è la spia che vi rivela ogni nostra mossa e dove trovate così tante navi volanti da farvi abbattere!”

Dall’alto della balaustra, il Professor Voronoff ghignò. “Non ho bisogno di informatori terreni, Madamigella Strano” disse con pesante cadenza dello Zarato. “Adotto semplicemente quei privilegi che la conoscenza delle arti oscure mi conferisce. Per quanto riguarda i mezzi a mia disposizione, il mio alleato a capo del Si Fan mi ha fornito qualche piroga alata dell’Impero Celeste per sostituire la nave che mi avete abbattuto sui cieli di Babilonia. A proposito, come sta il mio caro amico Baldasar, colpevole di quell’episodio?”

Non credo che mio zio sarebbe d’accordo nel dirsi vostro amico. In ogni caso anche lui come voi si è rimesso completamente da quell’incidente, grazie.”

Mi fa molto piacere. Vi direi di portargli i miei saluti ma temo che le vostre formidabili scorribande si stiano per concludere in maniera nefasta. D’altra parte quale luogo migliore per morire della tomba di un Re?”

Piroghe Celesti del Si Fan

Ditecelo voi, ubludok” Kadmos fece un passo avanti e scagliò uno dei makhaira contro l’uomo in nero. La lama roteò in aria implacabile, ma all’ultimo istante uno dei Rhesus si lanciò avanti e l’arma lo trafisse. La bestia cadde a terra senza un lamento.

Voronoff si volse verso il gigantesco avventuriero. “Adam, figlio mio, come osi rivolgere la mano contro il tuo Creatore? Hai osservato come i miei nuovi esperimenti siano molto più fedeli e devoti di te?”

Non chiamatemi figlio, e non chiamatemi Adam.” Quando era furioso, l’ibrido simiano si incurvava in avanti e appariva davvero un mostruoso uomo-scimmia. “Sono un uomo libero e il mio nome adesso è Kadmos.”

Un uomo libero, ah!” lo derise Voronoff. “Due imprecisioni nella stessa affermazione. Non perderò il mio tempo tentando di convincerti a tornare al mio servizio, benché conservi ancora la tua gabbia. I miei nuovi Rhesus mi danno tutte le soddisfazioni di cui necessito.” Si rivolse alle scimmie umanoidi che erano sciamate per la sala, incrociò le mani dietro la schiena e disse solamente “Uccideteli!”

 

Alla malora!” imprecò Virginia. Cinque simiani correvano verso di lei e un numero quasi doppio si stava lanciando contro Kadmos. Troppi, senza contare lo stramaledetto Voronoff.

I Rhesus la circondarono e cominciarono a salire sulla predella. Uno dei più grossi si lanciò in avanti e atterrò con le zampe posteriori sul sarcofago.

Oh, no!

L’ultimo gradone si abbassò leggermente e la giovane avvertì distintamente un rumore di ingranaggi provenire da sotto il pavimento della sala.

Un fischio acutissimo li assordò. Virginia lo riconobbe. Era il rumore di una pasticca di oricalco che cadeva in un generatore di vapore e ne mandava immediatamente in ebollizione l’acqua contenuta. A giudicare dall’intensità del sibilo, la pasticca doveva essere bella grossa e la massa liquida pesare diverse tonnellate. Anche i Rhesus si fermarono, confusi.

Il rumore sembrava ora provenire dalla sua destra, da dietro la statua di metallo.

Che non era una statua.

Un automa alessandrino! riuscì a pensare Virginia con stupita ammirazione.

Da un bocchettone di alimentazione un flusso bollente penetrò nel colosso in armatura con le fattezze di Alarico e lo attivò in un istante, caricando le pile eoliche all’interno e il motore eroniano alloggiato nel torace. L’automa d’oro si staccò dai sostegni e iniziò a muoversi. Nelle gambe aveva odometri rotanti rivestiti di resina e dentro l’elmo erano collocate diottre pentaprismatiche in quarzo che interagivano con la luce e il movimento delle creature nella stanza. Con il primo colpo di spada abbatté due Rhesus, mentre un pannello dell’addome si apriva e due balestre a ripetizione collocate all’interno iniziavano a scagliare giganteschi quadrelli d’oro su qualsiasi cosa si muovesse.

Va sempre a finire così, dannazione!” disse Virginia, chinandosi dietro il sarcofago di Alarico, mentre un dardo gigantesco colpiva il Rhesus in piedi sulla tomba e lo scagliava via.

“D’altra parte, se non rischi la vita, non ti diverti…”

Afferrò la Chiave di Re Salomone con la mano sinistra, strinse la spada nella destra e si lanciò nella mischia.


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Mauro Longo
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