fanucci

Un nuovo articolo di Yuri Zanelli dedicato al fantasy italiano degli anni ’70 e ’80. Le antologie Fanucci sono di certo il caso più conosciuto, ma molti autori della vecchia guardia hanno pubblicato anche altrove racconti, romanzi e cicli di avventure in perfetto stile Heroic Fantasy.

Tra gli appassionati di letteratura fantastica si discute molto sulla letteratura fantasy scritta nel nostro paese e l’attuale produzione degli autori di lingua italiana è spesso giudicata in termini piuttosto negativi. La recente scomparsa dell’ottimo scrittore Giuseppe Pederiali ha dato ulteriore vigore alle discussioni sull’argomento. Le ragioni che vengono fornite per questa situazione in articoli, forum, chat e discussioni da bar sono le più varie: culturali, editoriali, politiche…

Su un punto però in molti sono d’accordo: nessuna delle opere dei nostri autori può essere paragonata a quelle dei più famosi scrittori anglofoni per qualità, profondità e successo. Anche il confronto con la letteratura fantastica di nazioni come Spagna e Polonia secondo molti punti di vista risulta perdente per il nostro paese.

Ma è sempre stato così?

Che da noi il genere abbia stentato a farsi accettare è un fatto: Il Signore degli Anelli è stato tradotto in italiano solo nel 1970 ed è stato da subito rifiutato da gran parte dell’establishment culturale. Tale pregiudizio era diffuso soprattutto tra gli intellettuali politicamente schierati a sinistra, probabilmente perché Tolkien veniva considerato un autore religioso e conservatore. Questo preconcetto viene presto esteso a tutta la letteratura Fantasy.

I "Campi Hobbit" neofascisti (mortacci loro)
I “Campi Hobbit” neofascisti (mortacci loro)

Ciò è bastato a far si che negli anni ’70 e ’80 Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli venissero acriticamente adottati come libri simbolo dalla gioventù di estrema destra.

Il fatto che l’autore di questi libri fosse un Inglese nazionalista, già veterano della Grande Guerra e convinto sostenitore, al tempo della Seconda Guerra Mondiale, della necessità di combattere contro i regimi che dominavano in Italia e Germania, non scuoteva minimamente le convinzioni politico-letterarie di tali persone.

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Il carattere esclusivamente ideologico di tutti questi giudizi appare chiaro anche se si considera che nei college statunitensi degli anni ’60 i romanzi di Tolkien erano invece icone del pacifista e psichedelico movimento Flower Power.

Per il tramonto di tali pregiudizi tipicamente italiani bisogna attendere il 2001 con l’uscita del primo capitolo della trilogia cinematografica di Peter Jackson, quando l’apprezzamento del grande pubblico rende (finalmente) anche da noi la mitologia tolkieniana politicamente trasversale.

Nonostante tutto l’Italia degli anni ’70 e ’80 presenta un piccolo numero di autori di letteratura (non solo) fantasy dalle caratteristiche decisamente interessanti (che a differenza di tanti altri Il Signore degli Anelli lo avevano letto veramente). Un ottimo punto di partenza per farsi un’idea del panorama Fantasy del periodo sono i due volumi Heroic Fantasy e Maghi e Guerrieri editi da Fanucci rispettivamente nel 1979 e 1981 come quarto e sesto capitolo dell’Enciclopedia della Fantascienza.

Queste due antologie di racconti in stile Sword & Sorcery (di nomi anche celebri quali Michael Moorcok, Fritz Leiber, L.S. De Camp, Andre Norton e Poul Anderson) sono la traduzione di Flashing Swords 1 e 2 a cura di Lin Carter (usciti negli USA nel ‘76-’77) con in più una selezione della produzione italiana dello stesso genere e copertine e illustrate da Frank Franzetta.

I racconti di italiani propongono un Fantasy inconsueto, lontano da etichette e stereotipi oggi troppo comuni. Ciò è vero in alcuni casi per la presenza di elementi fantascientifici, in altri per l’ambientazione pseudo-storica o ucronica, legata a vicende e luoghi tipicamente italiani.

Ecco qualche esempio:

Luigi De Pascalis, Abruzzese nato a Lanciano (Chieti) nel 1943, pittore, illustratore, poeta e studioso di arte. Unico autore italiano dell’epoca conosciuto nei paesi anglosassoni per The Tower, traduzione del suo racconto del 1966 Il mago, la torre e il cavaliere, (incluso da Lin Carter nell’antologia The Fantastic Swordsmen del 1967) è presente nel primo volume con la novella Il Giullare di Hud. Questa narrazione di battaglie disperate e inquietanti stregonerie scritta nel ’78 ha il fascino dell’avventura dura e tenebrosa che si trova in Howard e pochi altri.

Adalberto Cersosimo biologo di Casale Monferrato (Alessandria) è l’autore di Il Pittore delle nuvole, racconto sottilmente inquietante incluso in Heroic Fantasy, basato sulla relazione tra il protagonista e una misteriosa seduttrice. Inizia come scrittore di Science Fiction con il racconto I Superstiti (1964), nel 1965 fonda la fanzine di letteratura fantastica L’Aspidistra e con La battaglia di Gola del Vento (1974) inaugura il suo personale ciclo fantasy ambientato nel Mondo dell’Impero. Si tratta di una Terra futura spopolata, decadente e feudale in cui i mutanti dotati di strani poteri detti “diversi” sono sottoposti a una feroce caccia alle streghe. I primi lavori di questo filone si distinguono per un sapore ancora piuttosto fantascientifico, che con il tempo si fa invece più fiabesco e misterioso.

cersosimo

L’Impero nella sua decadenza assomiglia molto al nostro passato, ciò è chiaro già dai nomi dei luoghi: in Csal vediamo la Casale originaria dell’autore mentre nella Giardia popolata da artisti, mecenati e nobili complottisti è facile ravvisare la Firenze del Quattrocento.

Nel 2000 Cersosimo ha raccolto i racconti di questo ciclo in Il libro dell’Impero, edito da Nord, in cui le novelle sono presentate da come narrazioni del mitico bardo Majno di Csal che racconta la sua tormentata storia nell’inedita Ballata Selvaggia. Qui lo stile talvolta malinconico e talvolta spensierato di Cersosimo nei suoi momenti migliori si avvicina al lirismo di Ursula Le Guin mischiato al sapore picaresco delle avventure di L.S. De Camp.

Tullio Bologna, classe 1948, biologo e professore di matematica di Vigevano appassionato di storia, occultismo e parapsicologia contribuisce al secondo volume con il romanzo breve del 1980 Il Difensore dell’Esarchia, ambientato in un medioevo ucronico, in cui il cristianesimo non si è imposto e la magia è una forza tanto potente quanto rara. Bologna presenta un Nord Italia minacciato da eserciti stranieri, percorso da mistici, mercenari e fattucchiere. Un’opera decisamente affascinante grazie a personaggi vivissimi e temi particolari, come il Cristianesimo esoterico e l’amore magico ispirato al Tantrismo Indiano

Gianluigi Zuddas scrittore e traduttore autodidatta passato per svariati mestieri nato a Carpi nel 1943 e trasferitosi giovanissimo a Livorno è presente sul primo volume con L’amazzone e il sacerdote, arguto e ben congegnato racconto del 1979 appartenente al suo ciclo delle Amazzoni. Lavori precedenti dello stesso filone sono la novella del ‘76 Breve soggiorno a Lagash e il romanzo Amazon, del ’78, vincitore del Premio Italia. In questo ciclo, Zuddas segue le orme dei suoi predecessori americani Howard, Lovecraft e C. A. Smith ambientando le sue storie in un passato mitico in cui popoli esistiti realmente (Sumeri e Mitanni) si mescolano con esseri non umani e genti inventate per l’occasione. Zuddas ha inoltre terminato vari racconti incompiuti di R.E. Howard con protagonista Solomon Kane, scrivendone altri totalmente nuovi.

Le guerriere Goccia di Fiamma e Ombra di Lancia ricompaiono in vari romanzi degli anni’80 quali Le Amazzoni del Sud e Stella di Gondwana (entrambi dell’83) contraddistinti da uno stile ironico che ricorda più Vance che Howard. I libri spiccano anche per il modo realistico in cui sono presentate le figure delle Amazzoni, che non sono modelle con la spada né super-eroine, ma donne con aspirazioni, difetti e sentimenti.

Bendetto Pizzorno, Genovese nato nel 1954, impiegato e dottore in Filosofia, grande appassionato di fumetti, letteratura fantastica e poliziesca, presenta in Maghi e Guerrieri Il Dono di Fadrel (1981). Questa novella dal finale tutt’altro che scontato ha in comune con le precedenti La Dea del Mare e La Spada e la Rosa (1980) l’ambientazione situata in un futuro lontanissimo, fiabesco e semibarbarico, popolato da un’umanità al tramonto dedita ad arti arcane che non comprende completamente. L’influenza di Jack Vance è evidente ed ammessa dall’autore, anche se il suo piacevole stile è molto meno ironico di quello del suo maestro. I luoghi che appaiono nei racconti di Pizzorno sono sempre suggeriti dai suoi viaggi per la nostra penisola: è il caso dell’ambientazione di Il Dono di Fadrel che ricorda l’arcipelago della Maddalena e della città sulla scogliera di La Spada e la Rosa ispirata a Manarola.

bigattoUltimo ma non per importanza è Giuseppe Pederiali nato a Finale Emilia nel 1937 e scomparso il 3 marzo 2013 dopo un tragico incidente. Noto per i suoi validi romanzi che spaziano dal fantastico al poliziesco (dedicati alle indagini di Camilla Cagliostri) fino allo storico (Stella di Piazza Giudìa, I ragazzi di Villa Emma, Emiliana, Donna di spade e Una donna per l’inverno) nessun suo lavoro è incluso nelle due antologie Fanucci, ma si distingue forse più degli altri per la sua narrativa colta, intelligente e ironica legata indissolubilmente al territorio e alla tradizione italiani ed emiliani in particolare. Nella trilogia composta da Le Città del Diluvio (1968) Il tesoro del Bigatto (1980) e La Compagnia della Selva bella (1982) leggiamo il ritratto di un paese popolato da figure storiche (l’imperatore Federico II) e antieroi umanissimi degni di un film come L’Armata Brancaleone o un gioco come Kata Kumbas, ma anche da un Diavolo che assomiglia tanto al trickster maligno e a volte sempliciotto delle leggende popolari.

Per tutte queste ragioni la produzione di Pederiali può essere considerata a buon diritto una delle più interessanti della letteratura italiana (non solo Fantasy) contemporanea.

Yuri Zanelli è appassionato di fantastico, giochi di ruolo e librogame e ha già scritto diversi articoli per Caponata Meccanica, oltre ad aver elaborato la classe dell’Elementalista e l’ambientazione Terra Profonda per il Gioco di Avventura di Blood Sword.

Mauro Longo
Mauro Longo
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6 commenti

  1. Un ottima analisi! Mi trovo completamente d’accordo con le tue riflessioni.

    In fondo, è un po’ la stessa sorte toccata al nostro cinema “di genere”. Negli anni ’70 diverse ottime pellicole sono state considerate “minori” ed ostracizzate da un certo establishment intellettuale e da diverse riviste e giornali di riferimento, solo perché non pagavano pegno all’inviolabile canone neorealista, che era il cinema “ufficiale” del PCI. Mentre thriller, horror e fantastico erano schifati perché ritenuti espressione di una cultura degenere e borghese, in contrasto con lo spiccio e rivoluzionario realismo proletario (groan!).

    Neorealismo che, peraltro, ha sicuramente dato tanto al nostro cinema, ma che ad un certo punto è diventato una palla al piede che ci ha fatto accumulare provincialismo e ritardo nei confronti di quanto avveniva fuori dallo stivale.

    Che Dario Argento sia un talento visionario ce l’hanno dovuto dire gli americani. Solo allora la critica cinematografica si è accorta dell'”italianissimo” Argento.

  2. horror eh, i campi hobbit in camicia nera? e non sono la cosa peggiore! quando scoprii l’esistenza del giornalino della ragazze fascelle intitolato Eowyn come il mio personaggio preferito, mi girarono parecchio i palantir

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